martedì 15 gennaio 2013

Lo scambio ineguale di Fassina - Un commento su il manifesto

Lo scambio ineguale
di Sergio Cesaratto



Fassina sul Financial Times sbaglia ricetta per l'Europa e non convincerà mai nemmeno la Francia

Nella sua non promettente intervista al Financial Times Stefano Fassina riafferma la scelta del centro-sinistra di non rinegoziare fiscal compact e pareggio di bilancio e ripropone ai tedeschi lo scambio fra cessione formale a Bruxelles della sovranità di bilancio con il porre fuori calcolo del pareggio gli investimenti pubblici (la cosiddetta golden rule) oltre che con un ruolo più attivo della Banca europea degli investimenti. Fassina sostiene che il centro-sinistra chiederà l’appoggio francese che tuttavia, ognuno sa, tale cessione di sovranità, giustamente, non condividerà mai. Ma perché Fassina già rinuncia a ogni rinegoziazione proponendo cervellotici e irrealistici scambi coi tedeschi senza neppure chiedere in cambio un chiaro ribaltamento delle politiche di austerità? (Si veda al riguardo l'ottimo articolo di Lanfranco Turci su l'Unità di ieri)

lunedì 14 gennaio 2013

Crisi, il centrosinistra sia più combattivo - Un bell'articolo di Turci

Crisi, il centrosinistra sia più combattivo
Lanfranco Turci
Network per il socialismo europeo
L’Unità 14 gennaio 2013

Drole de guerre era il modo in cui i francesi definivano la fase quasi sospesa della seconda guerra mondiale dopo l’invasione tedesca della Polonia e prima dell’apertura del fronte francese. Non è in qualche modo drole anche questa campagna elettorale? E resterà così fino alla fine o ci sarà uno sviluppo più incisivo e più ravvicinato ai processi sociali reali? Mi riferisco ovviamente alla campagna elettorale del PD. Questo partito, forte del porcellum che gli assicura alla Camera una maggioranza schiacciante, anche con risultati elettorali non strabilianti, tonificato per di più dalle doppie primarie volute da Bersani che, per quanto espressione di un partito ancora incerto sulla propria identità e sul proprio modo di essere, si sono dimostrate una scelta intelligente e pagante, sembra voler gestire tutta la propria campagna elettorale in souplesse. Non c’è un affondo su Monti e si insiste principalmente sull’esigenza di sconfiggere la minaccia demagogica e populista del berlusconismo di ritorno. Ma può bastare a contenere l’effetto Monti l’accusa mossagli di comportamento sleale per non essere rimasto in panchina come riserva della repubblica ed essersi buttato nella mischia? Così minacciando di drenare una parte di voti moderati che, in mancanza di una alternativa adeguata, sarebbero rimasti nell’orbita del centro sinistra come reazione all’indecente ripresentazione di Berlusconi? E questa critica non corre inoltre il rischio di essere vanificata dalla contemporanea offerta di collaborazione allo schieramento centrista per il dopo elezioni?

domenica 13 gennaio 2013

L’economia critica in programma



 Un articolo su il manifesto

L’economia critica in programma
Sergio Cesaratto e Stefania Gabriele
Che fine hanno fatto gli economisti di sinistra? Qualcosa del genere qualcuno si chiedeva su il manifesto di qualche secolo fa. Nonostante il grande sforzo profuso in questi anni sul web, in e-book (come “Oltre l’austerità”) e assemblee, il loro impatto sui programmi elettorali delle formazioni della sinistra appare assai lieve. Per non parlare dell’idea di portare in Parlamento le competenze necessarie per condurre a livello adeguato la battaglia contro l’austerità e per un’Europa diversa. Per questi economisti critici non giungono certo come una novità le conclusioni a cui arriva il working paper, firmato nientemeno che dal capo della ricerca del FMI Oliver Blanchard e richiamati da il manifesto di giovedì, per cui gli effetti delle politiche di austerità sulla crescita sono state sottostimate. Questa è gente che ha sempre sbagliato tutto, sin da quando Blanchard e Giavazzi guardavano ai flussi di capitale dai paesi europei più ricchi verso la periferia come un fenomeno che ne avrebbe sostenuto la crescita, e non come l’alimento di bolle immobiliari e di una crisi del debito. Eppure l’esperienza dei paesi emergenti doveva insegnarglielo. Eppure sul testo di Blanchard-Giavazzi i nostri studenti continuano a essere indottrinati. Eppure il PD candida Giampaolo Galli come per ribadire una sorta di allineamento del partito all’economia politica “volgare” e  di prossimità ai gangli dominanti del potere economico.